Blenio Café
RUSTICI IN VALLE
Alda
inserito il: 20.12.2010 16:27
Rustici: i nodi vengono al pettine

Ultimamente si sono moltiplicati gli appelli a Berna da parte di partiti e associazioni cantonali per invitare chi di dovere a risolvere il più celermente possibile l’annosa questione del rustici, il cui nuovo Piano di utilizzazione cantonale dei paesaggi con edifici e impianti protetti, (PUC-PEIP) è bloccato da oltre 250 ricorsi al TRAM, compreso quello cautelativo di Berna.
Una cifra che dice già molto sul disagio che regna in Ticino in questo campo, numero che molto probabilmente sarebbe ancora più elevato se il Dipartimento del Territorio avesse applicato con maggior rigore il diritto dei cittadini di partecipare alla pianificazione, sancito dalla Legge federale sulla pianificazione del territorio (LPT) (incontri informativi con la popolazione). L’obiettivo dei politici è di sbloccare la situazione al più presto possibile (elezioni di aprile?), per dar linfa alle imprese e agli artigiani delle valli grazie alle ristrutturazioni, opere che Berna blocca sistematicamente dal 1. gennaio 2009, a motivo d’una gestione poco seria di tutta la faccenda da parte del Ticino.
Tuttavia, se i politici nostrani non si danno una mossa per finalmente voltarsi indietro a guardare la realtà prodotta in fatto di costruzioni rurali negli ultimi decenni, la linfa alle imprese e agli artigiani potrebbe derivare da una nuova industria: quella delle demolizioni sistematiche!
È esattamente quello che viene prospettato a Berna. Basterebbe sorvolare montagne e valli, in una giornata di cielo terso, per rendersi conto dell’entità del problema e capire che l’architettura rurale ha lasciato il posto a mille e più interpretazioni. E perché questo non dovrebbe essere un sacrosanto diritto dei loro proprietari?
Evidentemente non sono le ristrutturazioni fantasiose a disturbarci, bensì a non poter esser tollerato è il fatto che qualsiasi ordine di autorità cantonale non può sottoscrivere e sostenere, come se nulla fosse, ordini di demolizione per costruzioni della cui realizzazione è complice in quanto accondiscendente.
Egregio signor Consigliere di Stato Marco Borradori, la politica dello struzzo volge al termine e a Berna le fette di salame le impiegano per scopi più consoni al prodotto! Se il Ticino vuole rifarsi una verginità, parallelamente al nuovo PUC – PEIP, occorreva pensare ad una sanatoria. Al momento è la sola via auspicabile.
Finora sono tremila le adesioni alla petizione di «Cascine e stalle» all’indirizzo del Consiglio di Stato ticinese a sostegno di una moratoria e relativa regolamentazione a favore degli edifici fuori dalle zone edificabili ristrutturati senza la debita autorizzazione legale.
Tra le altre cose il testo sostiene: «Si deplora che a non aver rispettato lo stato di diritto non sono primariamente i proprietari degli edifici fuori norma, bensì le autorità cantonali e comunali». La raccolta viene prolungata almeno fino a fine febbraio 2011. In buona parte le firme giungono spontaneamente da tutto il Cantone, su formulari scaricati dal sito www.cascinestalle.ch dove è pure possibile firmare online. Un paio di persone si sono invece date parecchio da fare, pure di spontanea volontà. Coloro che non fanno capo alla grande rete, possono rivolgersi a Cascine e stalle, Casella postale 1344, 6710 Biasca.

Alda Fogliani

Comunicato Stampa, Biasca, 17 dicembre 2010
alfiero
inserito il: 5.12.2010 16:16
Salve,
sono un appassionato di rustici che ringrazia la CoReTi per l’intervento a Berna. Alla CoReTi esprimo anche la mia simpatia perché ho potuto leggere il loro intervento su questo sito.

Ho letto sul CdT, mi sembra di lunedì scorso, un bel articolo intitolato Rustici e S.Carlo, che mi ha fatto piacere perché conferma quanto i segni tangibili e ancora percepibili del passato siano profondamente e sentitamente collegati alla realtà locale di oggi. Non è giusto discriminare questi edifici per volere di leggi che hanno anche l’effetto di mettere fuori gioco tante altre norme importanti, come, ma è solo uno degli esempi, il diritto di proprietà, che può certo essere leso per pubblica utilità, ma quale pubblica utilità ci possa essere nel lasciar finire in un mucchio di sassi (airiscia in dialetto) degli edifici solo perché una linea recente si trova al di qua di loro? Se ben guardiamo edifici montani e parco Adula sono fra loro complementari e si rifanno a motivazioni e argomentazioni comuni: turismo, economia, ambiente, cultura, società. La valle di Blenio ha e sostiene una cooperativa per lo sfruttamento dei rustici e la loro messa sul mercato turistico. Per questi e per vari altri motivi è importante la chiara espressione della volontà di salvarli.
Moderatrici
inserito il: 4.12.2010 6:05
Riceviamo dall'Associazione Comuni e Regioni di montagna (CoReTi), con preghiera di pubblicazione.
Si tratta di una lettera inviata alla presidente della Confederazione Doris Leuthard, il 18 novembre scorso.


Onorevole
Signora Doris Leuthard
Presidente della Confederazione
Palazzo Federale
3003 Berna

Rustici ticinesi: appello ad un sano spirito confederale

Onorevole Signora Doris Leuthard, Presidente della Confederazione,
Onorevoli Signore e Signori della Deputazione ticinese alle Camere federali,

l’Assemblea dell’Associazione Comuni e Regioni di montagna ticinesi (Co.Re.Ti), riunita a Mezzovico-Vira il 18 novembre 2010 ha raccolto le preoccupazioni dei Comuni e dei cittadini delle regioni periferiche ticinesi per le difficoltà che le Autorità federali continuano a sollevare lungo la strada verso una soluzione ragionevole che permetta di conservare il patrimonio dei rustici, cioè gli edifici sorti per scopi agricoli sui monti e i pascoli delle montagne ticinesi e, per questo, situati al di fuori delle zone edificabili.
I rappresentanti dei Comuni sanno che il problema è complesso e che la legislazione federale (LPT) fissa regole chiare. Un sano e pragmatico spirito confederale deve tuttavia permettere di applicare queste regole nel pieno rispetto delle particolarità storiche e culturali delle diverse regioni della Svizzera
Per quanto riguarda la situazione ticinese ci permettiamo ricordare che:
• una soluzione al problema dei rustici è attesa da oltre 20 anni;
• il progetto di Piano cantonale di utilizzazione per la Protezione degli edifici e degli impianti (PUC-PEIC) adottato recentemente dal Gran Consiglio rappresenta già una soluzione di compromesso, per altro non soddisfacente come dimostra l’elevato numero di ricorsi interposti;
• molti Comuni si sono assunti negli scorsi anni oneri non indifferenti per il rilievo della situazione (inventario dei rustici) e per allestire le necessarie basi pianificatorie;
• la mancanza di una chiara, adeguata e facilmente applicabile regolamentazione della materia comporta il rischio di un diffuso abusivismo che ha conseguenze negative per il paesaggio e per l’ambiente;
• la situazione attuale è fonte di gravi disagi per numerose piccole e medie imprese locali che lavorano con risorse e materiali indigeni e che sono perciò un elemento importante dell’economia delle regioni periferiche.

La forza della Svizzera è stata costruita nei secoli con un sano e pragmatico spirito confederale nel quale la politica ha sempre saputo elaborare la giusta sintesi tra le esigenze delle popolazioni locali e quelle del diritto che deve essere uguale per tutti.
La ricerca di una soluzione al problema «rustici» esige questo sforzo che deve fondarsi sul riconoscimento che una corretta e soddisfacente soluzione è particolarmente importante per il Ticino e le sue regioni più periferiche.
Si tratta infatti, da un lato, di mantenere (anche attraverso una nuova destinazione che ne tuteli le caratteristiche architettoniche) importanti testimonianze della nostra storia e civiltà contadina e, dall’altro, di creare le premesse per una migliore cura del territorio, per la valorizzazione (anche economica e turistica) del paesaggio e delle sue componenti ed infine, ma non da ultimo, di mantenere opportunità di lavoro ed occupazione in numerose piccole e medie imprese.
Le regioni ticinesi sono pronte ad accogliere la sfida della nuova politica regionale e ad impegnarsi per creare valore aggiunto a partire dal patrimonio locale: chiedono però di poterlo con regole che considerano in modo adeguato le nostre particolarità.

Onorevole Signora Presidente della Confederazione,

per queste ragioni l’assemblea della Co.Re.Ti. si rivolge a lei – anche nella sua nuova funzione di Capo del Dipartimento federale dell’Ambiente, dei Trasporti, dell’Energia e delle Comunicazioni – affinché possa essere trovata una soluzione che riconosca finalmente la particolarità e le peculiarità della questione rustici in Ticino.
Ci aspettiamo anche un suo intervento per far cessare immediatamente taluni atteggiamenti e azioni dell’Amministrazione federale che – agli occhi dei Comuni e di molti ticinesi – appaiono come vessatori e, per questo, in contrasto con lo spirito sulla quale è stata costruita la Confederazione Svizzera.
Siamo certi che la Deputazione ticinese alle Camere federali ed il Consiglio di Stato ticinese la sosterranno in questo suo impegno.

Con distinta stima le inviamo un caro saluto dal Ticino.

co.re.ti. – Associazione Comuni e Regioni di montagna ticinesi

Franco Celio (presidente)

Matteo Oleggini (segretario)


Mezzovico-Vira, 18 novembre 2010.
marcello
inserito il: 13.11.2010 13:43
Cleto, complimenti!
Cleto Ferrari
inserito il: 12.11.2010 17:13
Per chi ha le radici nelle zone rurali parlare di rustici è un po’ come toccare le corde delle proprie origini. Per chi resta delle generazioni che hanno vissuto l’utilizzo agricolo, queste strutture sono piene di ricordi di una vita diversa, rappresentano tempi difficili ma anche valori morali e familiari; testimonianza e scontro con un mondo scomparso. Per le generazioni seguenti si offrono letture diverse. In una lettura positiva non possiamo che esprimere ammirazione per i valori e i sacrifici di nostri avi; Un esempio di convivenza e di gestione della natura unico, i nostri indiani d’America.
Cosa ne è stato fatto dei rustici è un’altra storia. In una società che in poco tempo ha conosciuto tanti cambiamenti ed è stata travolta da tanto benessere, poteva succedere. Ed è successo! Ne abbiamo fatto un’arlecchinata! Con un’unitarietà paesaggistica sorprendente dovuta all’utilizzo di materiali del posto, pietra e legna, bastava una sola eccezione, un diverso, per fare la frittata, il classico pugno nell’occhio. Le eccezioni sono state parecchie. Eh si, tanto belli, tanto delicati dal lato paesaggistico.
Questa eredità ce la trasciniamo da tempo e oggi siamo anche consapevoli del disastro consumato, grazie anche ad esempi molto positivi. Esempi che ci mostrano la differenza, come la Val Bavona, la Val Malvaglia e alcuni piccoli nuclei recuperati integralmente.
Questa lettura non è e non può essere quella dei nostri politici, in quanto tanti non fanno più parte di questa realtà e non hanno i mezzi per poterla sentire e forse sono ostaggi di un sistema economico e amministrativo imbarazzante. Questa lettura non può essere quella di Berna già solo per il fatto che si erge a mo di giudice supremo della situazione, anche per non essere stati capaci in passato a lavarci i panni sporchi in casa e abbiamo lasciato sbraitare troppo spesso l’espressione “malvezzo cantonticinese”..
In questo contesto l’ente pubblico ha finito col adottare strumenti legali che dirottano mezzi finanziari importanti per creare la figura del controllore dell’altro controllore, per fare allestire varianti di Piano Regolatore volte a definire logiche e naturali modalità di gestione, semplificabili in un paio di norme d’attuazione. Per fornire ulteriori garanzie a Berna e lasciare cambiare destinazione ai rustici si finirà anche col richiedere aperture che nemmeno la protezione animali tollera. All’esterno sarà ben difficile realizzare ancora un muretto a secco senza incappare in un qualche abuso edilizio. Il paradosso è che si vuole cambiare destinazione all’oggetto e nel contempo tramandarlo a livelli di museo.
È poco mirato allestire regole su regole per ricostruire un paesaggio che apparteneva all’artigianato passato. Sarebbe più efficace e logico promuovere il recupero di quel tipo di artigianato attraverso finanziamenti per tetti in piode e altri aspetti architettonici e paesaggistici rurali. Affidare un margine di manovra semplice e mirato a chi vuole recuperare un rustico anche per fare un’attività gestionale all’aperto, per contenere il bosco che intanto sta divorando tutto. Stiamo costruendo l’ennesimo, non a buon mercato, apparato amministrativo burocratico che al posto di incentivare un sano artigianato finisce col opprimerlo.
Non uccidiamo e non rendiamo elitarie quelle capacità artigianali presenti in ognuno di noi che, se accompagnate e aiutate da mani esperti, fanno bene alla salute di tutti. Un po’ ovunque nel Cantone stiamo riscoprendo la coltura dell’orto, facciamo rivivere anche la cultura semplice dei rustici.
Fabio
inserito il: 7.11.2010 4:55
Care moderatrici, care utenti e cari utenti,

questo argomento è veramente di una portata non indifferente per tutta la Valle di Blenio. Ora, se le speranze sono ancorate nel "PUC-PEIP" ed nella possibilità di una moratoria, manca una chiara posizione (congiunta?) dei maggiori partiti politici bleniesi verso: 1) un PUC-PEIP che permetta una riattazione di tutti i rustici bleniesi a condizione di legge e 2) se moratoria sarà, una regolamentazione circa le entrate delle sansioni in modo tale che le stesse siano reinvestite dallo Stato laddove queste sono state incassate.
Sarebbe anche una buona mossa nell'ottica delle future scadenze elettorali.

Cordialmente,
Fabio
Moderatrici
inserito il: 28.10.2010 15:49
Buongiorno,
sulla questione rustici, vi segnaliamo un articolo apparso sul "Corriere del Ticino" di oggi, a p.19, nel quale l'architetto valmaggese Germano Mattei, membro del Comitati direttivi del Gruppo svizzero per le regioni di montagna (SAB) e della Fondazione svizzera per il paesaggio (Fsp), formula una "proposta una fondazione per aiutare i proprietari di rustici".

Il termine di consultazione del discusso Piano di utilizzazione cantonale scade il 3 novembre prossimo...

Buona lettura

Le Moderatrici
alfiero
inserito il: 28.10.2010 15:15
Tutti insieme, i rustici, sarebbero potuti essere un patrimonio nazionale, se 40 anni fa si fosse sancito: nessun permesso per nuove edificazione fuori zona, ma gli esistenti possono essere riattati tutti rispettando questi e questi criteri. La tradizione evolve comunque e cessata la loro funzione agricola, i rustici seguono i tempi e diventano strumento di ricreazione e tempo libero, quindi turistico, economico, sociale, e che strumento! visto l’interesse che suscitano. Sono edifici a tutti gli effetti, nati prima che il pianificatore, per altro giustamente, tracciasse la sua linea, però altrettanto apprezzabili di quelli che si trovano su suolo edificabile. Immaginiamo di togliere gli edifici fuori zona, dalla valle di Blenio per esempio, ed ecco l’immagine di un territorio destinato al selvatico imboschimento, e votato allo spopolamento. Non a caso alla ragione di essere dei rustici si associa spesso la parola famiglia. Voler vendere il Ticino turistico senza allegarvi il prodotto rustici, significa voler vendere solo la modernità acquisita da una parte del Ticino. A volte la fantasia si ferma davanti al mistico del diritto e alla presunta bontà del moderno. Pensiamo all’effimero dell’espo nazionale prevista sul Gottardo: perché non inventare, per l’occasione, una sorta di festa dei rustici (caspita sono 45 mila!) che saprebbe raccontare la verità vera della nostra storia?, verità che resiste nel tempo se non viene cancellata dalla forza della legge astratta che soprafa la più volentieri ubbidita consuetudine. Molti proprietari di rustici ricevuti in eredità, vivono, da un pezzo, il conflitto interiore fra il dovere naturale di averne cura e l’incerto diritto di poterlo fare. Ma è il conflitto esteriore fra differenti opinioni, a far sottovalutare l’importanza del momento per la causa dei rustici. La ricerca del compromesso inevitabile che chiuda un passato non troppo elegante e l’esame del documento (PCU, PEIP), esposto nei comuni, poi l’evasione dei ricorsi relativi, e le necessità di rilancio turistico richiedono che i proprietari di tutto il Cantone, unanimi, marchino presenza, con l’avallo dei comuni, del cantone, degli enti turistici ecc. per una fase consultiva, che sappia dare alle trattative la razionalità e la serenità che preludono alla condivisione delle decisioni.
Bruno
inserito il: 23.10.2010 9:28
Vi segnaliamo che sul nostro Blog sono stati pubblicati diversi documenti per la discssione sul tema dei "rustici".
Ci farebbe piacere che si intervenisse con valutazioni critiche.

La redazione di
www.cascinestalle.wordpress.com
Bruno Strozzi
Moritz Vögeli
daniele
inserito il: 23.9.2010 0:28
Il problema è nato agli inizi degli Anni '70, data di entrata in vigore della LPT e della relativa ordinanza di applicazione (vedi FZE).
La suddetta legge era ritenuta necessaria per regolamentare sul territorio svizzero l'utilizzo, fino a quel momento più o meno libero, a costruire dappertutto.
È anche vero che certi aspetti e regolamentazioni pianificatori erano da chiarire.

Probabilmente a quel momento, sia a Bellinzona, sia chi si trovava a Berna, non hanno potuto o voluto dire la loro. Oppure la faccenda è stata sottovalutata senza riflettere sulle conseguenze.
È evidente che alcuni cantoni svizzeri hanno delle prerogative diverse da altri, e oltre che al valore intrinseco delle costruzioni ed all'indotto economico che la riattazione crea, hanno anche una cultura edile/storica/rurale da salvaguardare.

Fin qui, bisogna dare atto a chi di dovere che nel recente documento volto a "salvare il salvabile" e diretto a Berna, almeno questo aspetto viene accennato.

Medesima cosa di superficialità è stata parzialmente adottata diversi anni fa in occasione della redazione dei cataloghi delle costruzioni FZE. Forse anche qui le conseguenze non erano chiare per tutti.

Nel frattempo, dall'entrata in vigore della sopracitata legge 1973 o giù di lì, a livello cantonale detta legge e relative regolamentazioni sono state applicate non sempre in modo adeguato e non sempre nella medesima misura. Da una parte anche un po' per fortuna che si sia fatto così altrimenti una moltitudine di oggetti non sarebbero a questo momento riattati e/o ancora in piedi.

L'unica cosa che si spera, vista la recente"tirata di orecchie" che Bellinzona ha preso da Berna, è che le nostre autorità arrivino ad ottenere una moratoria e risanare quanto finora fatto con delle sanzioni (è anche vero che diversi comunque sono fuori legge).

Almeno da quanto sembra, proprio questa è l'intenzione.
C'é poi anche da dire che se Bellinzona dovesse applicare o avesse applicato alla lettera i comandi della citta degli Orsi (ed a volte sono obbligati a farlo a causa di qualche "soffiata"), le conseguenze sarebbero state, almeno a volte, molto più dure.
Qualcuno si ricorderà cosa era successo con quei due rustici nel Locarnese. L'ordine definitivo fù di demolire (... grazie anche al sindaco di quel comune...).

Affaire à suivre... poi sembra che di recente il responsabile di Berna sia stato messo al beneficio della pensione o qualcosa del genere. Se così fosse, chissà cosa ne pensa quello nuovo.
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